Risale alla preistoria l’utilizzo di strumenti percussivi per fare musica, e, cronologicamente parlando, sono secondi solamente alla voce umana. Già nell’età della pietra mani, piedi, sassi, bastoni di legno ed anche rami d’albero e fogliame, venivano infatti usati per accompagnare riti tribali o tecniche di caccia e pesca, evolvendosi man mano nel tempo fino ad essere modellati e perfezionati sempre più e diventare gli strumenti musicali perfetti che troviamo oggi nei migliori negozi di musica.
Maracas, djambè, piccoli bastoni in legno vuoti all’interno ed in grado di fornire già anche le prime tonalità e qualche ‘effetto acustico’ furono i primi prodotti di tale evoluzione, essendo basicamente tutti fatti in legno leggero, e quindi modellabili e trasformabili a piacimento.
Già nel secolo X le tribù africane e sudamericane usavano strumenti percussivi costruiti con le proprie mani per celebrare riti o mandare segnali alle tribù vicine, ed il continuo sviluppo di tecniche nuove utilizzando materiali naturali fece in modo che questi primi modelli ‘artigianali’ di strumenti percussivi si perfezionasse sempre più a gran velocità.
Quali sono gli strumenti di percussione
Oggi è davvero complicato elencare tutte le varie tipologie di strumenti percussivi esistenti; il progresso tecnologico ed il continuo sviluppo di idee e pratiche musicali nuove ha infatti ampliato non poco questo orizzonte; cercheremo di dare un senso abbastanza ‘cronologico’ alla categoria degli strumenti di carattere percussivo, tentando di citarli in base alla loro primordialità.
I legnetti a percussione reciproca sono stati sicuramente tra i primi ad essere concepiti; si tratta infatti di due semplicissimi bastoncini di legno che vanno percossi l’uno sull’altro e che, con l’aiuto delle mani che possono stopparne ed attutirne il suono oppure lasciarlo propagare nell’aria, offrono tonalità diverse. Il bastone della pioggia (che prende ovviamente il nome dal suo frequente utilizzo in riti propiziatori contro la siccità), è ad esempio anch’esso un semplice ramo di albero svuotato all’interno e riempito con paglia e conchiglie di varia forma e spessore che si muovono inclinando il palo ed agitandolo a tempo.
Guiro, kalimba, shaker e caxixi sono soltanto alcuni tra gli strumenti più rustici che hanno fatto la prima apparizione nelle mani dell’uomo primitivo, e che hanno aperto il cammino verso la scoperta di quelle che sono poi diventate le vere e proprie percussioni per antonomasia, e cioè bongos, congas e timbales.
Come funzionano gli strumenti a percussione
Dalla radice stessa della parola, è facile intendere che per dare corpo, vita, ed un suono ad uno qualsiasi di questi strumenti appartenenti alla categoria dei ‘percussivi’, bisogna appunto ‘percuoterlo’. E’ infatti questo il principio naturale su cui si basa questo tipo di strumenti musicali; ovviamente però, il ‘senso del ritmo’ è una virtù che deve già in un certo senso essere presente in chi vuole suonare… quella non si può imparare da zero, si può solo perfezionare con molto studio.
Suonare un qualsiasi strumento percussivo non significa solo colpirlo ripetutamente e basta! Un buon percussionista infatti deve saper fare buon uso di quasi tutte le parti del corpo per creare e modellare le sonorità che compone, stoppando, controbattendo, tenendo il ritmo facendo uso di ciò che più gli serve per tenere il tempo.
Come si classificano gli strumenti percussivi
Come detto gli strumenti classificati come ‘percussivi’ sono oggi talmente tanti e delle forme più svariate che è davvero difficile dare loro una definizione ben precisa; possiamo però, grosso modo, identificarne alcune sottocategorie: iniziamo per esempio col suddividerli in membrafoni, e cioè strumenti che emettono suono per effetto della vibrazione di una membrana tesa (generalmente costituita da pelle animale trattata naturalmente) ed idiofoni, ossia invece quelli che emettono un suono attraverso la vibrazione del corpo stesso dello strumento.
In effetti la prima vera suddivisione si dovrebbe fare analizzando le frequenze di emissione del suono; si chiamano infatti a suono determinato quegli strumenti in grado di emettere suoni di altezza definita (es. vibrafono e timpani), mentre sono invece classificabili come a suono indeterminato strumenti come il rullante o la gran cassa di una batteria, che producono suoni acuti o gravi ma dei quali non può misurarsi la frequenza con precisione.